SMART WORKING – Il nuovo decreto: adesso basta una semplice comunicazione al Ministero

Smart working, si cambia.
Dal primo settembre sono state introdotte dal governo alcune importanti novità finalizzate a sburocratizzare questa nuova modalità di lavoro, che di fatto ora entra a regime dopo il massiccio utilizzo durante il periodo del lockdown.
Le norme, introdotte con il decreto semplificazioni pubblicato dopo Ferragosto in Gazzetta Ufficiale, sono state rese operative da un decreto ministeriale firmato dal ministro del lavoro Andrea Orlando.
Si torna all’accordo individuale ma i datori di lavoro non dovranno comunicare l’adesione dipendente per dipendente: avranno la possibilità di inviare in modo semplificato i nominativi.
I lavoratori che non aderiranno all’accordo dovranno lavorare in presenza non essendo previsti meccanismi automatici per i lavoratori fragili o per chi ha figli under14.
«Il decreto – ha spiegato il ministro del Lavoro Andrea Orlando – prevede che il datore comunichi in via telematica al Ministero del lavoro i nominativi dei lavoratori e la data di inizio e di cessazione delle prestazioni di lavoro in modalità agile. Si tratta di una importante disposizione che rende strutturale la semplificazione del lavoro agile».
 
I COMPARTI
 
PADOVA Dalla pandemia alle maxi bollette. Dall’emergenza sanitaria a quella economica. Il numero di aziende che puntano sullo smart working sta tornando ad alzarsi e ora la nuova spinta arriva dal caro energia. Sempre più datori di lavoro stanno infatti valutando di potenziare lo smart working per risparmiare sui costi fissi. «Ma l’importante è che il lavoro agile non sia solo a spese dei lavoratori. Bisogna mettere subito sul tavolo anche la questione delle spese» avverte Francesca Pizzo, segreteria territoriale della Cisl Padova Rovigo.
 
I DATI
Ma quanti sono i dipendenti del comparto privato che attualmente praticano lo smart working almeno un giorno alla settimana? È utile leggere le stime elaborate da Fabbrica Padova, centro studi dell’associazione di categoria Confapi, basandosi sui numeri nazionali dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, il più autorevole in materia. I dipendenti delle grandi imprese che lavorano da casa sono circa 24.400, quelli delle piccole e medie imprese 13mila. Troviamo poi 17.100 mila lavoratori delle micro imprese. Ne vanno poi aggiunti circa 2.400 della pubblica amministrazione. Rispetto a gennaio 2021, uno dei periodi più difficili della pandemia, si calcola una diminuzione complessiva del 18,6%.
 
L’ESPERTO
Davide D’Onofrio, direttore di Confapi (Confederazione della piccola e media impresa) è un grande conoscitore del tessuto produttivo padovano. «Ovviamente il tema dello smart working cambia da comparto a comparto – ricorda -. Nella manifattura c’è bisogno di un’interazione uomo-macchia che preveda il lavoro in presenza. Un tornio va usato in fabbrica, non si può lavorare da casa. Tutt’altra partita si sta invece giocando sul fronte del commercio e dei servizi dove il lavoro agile è sicuramente ancora molto diffuso. Era stato introdotto in modo massiccio per far fronte al rischio del contagio mentre ora l’emergenza è un’altra e si chiama caro energia».
 
LE TRATTATIVE
Nella nuova partita i sindacati tornano a giocare un ruolo importante. «Serve disciplinare le nuove forme di lavoro agile regolando ogni aspetto.- continua Francesca Pizzo della Cisl -Penso non solo alla questione delle spese domestiche ma anche ad altri due fattori: il diritto alla disconnessione e la questione degli eventuali infortuni sul lavoro anche se si è a casa. Sì, avremo sicuramente molto da lavorare».
 
IL PUBBLICO
Tante contrattazioni in corso anche nel comparto pubblico. Nel 2019 l’Ulss Euganea era stata la prima azienda sanitaria in Italia a varare un protocollo per lo smart working da adottare soprattutto per i dipendenti amministrativi con particolari esigenze personali. La pandemia ha accelerato tutto, ora scatta già la nuova fase: quella degli accordi e dei regolamenti.