10 Febbraio – Il giorno del Ricordo

Un ritardo colmato con la ricerca storica

Per gli esuli istriani, fiumani e dalmati il ricordo delle case abbandonate, delle terre perdute e dei torti subiti segna probabilmente ogni giorno dell’anno. Ma il Giorno del Ricordo, oltre a rendere omaggio alle vittime, serve soprattutto a chi nella tragedia subita dagli italiani del confine orientale non è direttamente coinvolto, per farne memoria.
Un impegno di civiltà, come lo ha definito lo scorso anno il presidente Mattarella. Da quando questa ricorrenza è stata istituita, l’instancabile attività di studio e di divulgazione delle associazioni degli esuli, l’interesse suscitato anche in molte persone che come me non ne condividono le origini, la ricerca storica perseguita con coraggio e ostinazione non solo nelle nostre regioni, ma anche oltreconfine, hanno permesso di colmare il ritardo con cui gli esuli hanno visto riconosciuto il dramma che li ha colpiti.
La data fa riferimento al trattato di pace che l’Italia e le potenze vincitrici firmarono a Parigi il 10 febbraio 1947, segnando tragicamente il destino di tante famiglie istriane. Ma le persecuzioni erano cominciate ben prima, a partire dall’8 settembre del ’43.
Risale nemmeno a un mese dopo la morte di Norma Cossetto, studentessa dell’Università di Padova, divenuta simbolo di tanto orrore, di cui quest’anno ricorre quindi l’ottantesimo anniversario.
Il Giorno del Ricordo serve soprattutto ai giovani, che spesso non hanno avuto modo di approfondire questa complessa pagina di storia. Dobbiamo a loro l’impegno civile di fare luce su tutti gli aspetti, anche i più controversi, senza trascurare gli angoli d’ombra creati dalle prese di posizione strumentali, senza accettare giudizi sommari, ma anche senza confondere vittime e carnefici, errore che Primo Levi definì una malattia morale o un vezzo estetistico o un sinistro segnale di complicità.
Solo comprendere quanto accaduto sul confine orientale può permettere agli esuli di seconda e terza generazione e ai loro coetanei italiani e d’oltreconfine di superare le fratture provocate dalla storia e di guardare avanti con fiducia.
In modo diverso, ha guardato avanti chi ha dovuto abbandonare la propria casa e la propria terra per ricostruirsi una vita altrove molti nel nostro territorio dove trovare un lavoro, una casa, un posto dove far crescere i figli. Partendo non si volse indietro, scrisse Anna Achmatova in una poesia dedicata a Dante e alla sua condizione di esule. La condizione di chi ha lasciato il cuore da dove è venuto, ma non si volta indietro. Forse un paradigma della condizione umana, che ha permesso a Dante e a tutti gli esuli come lui, avendola vissuta, di comprenderla più a fondo.
 
 Samuele Scavazzin
Segretario Generale
  Cisl Padova Rovigo